Continuo a leggere di anatemi nei confronti di coloro che vorrebbero fare attività fisica all’aperto e vi giuro, mi sta venendo voglia di fare jogging. L’ultima volta che l’ho fatto è stato nel 2014, sul Lungofiume Martesana, e l’ho subito derubricata a pessima idea. O meglio, è stato il mio menisco destro virtualmente inesistente a suggerirmi di non farlo più.
Eppure quando leggo certi non sequitur mi vien voglia di farmi la stramilano saltellando sulla gamba sinistra. In solitaria e tenendo le distanze, perché ho ben presente (al contrario di alcuni) cosa dice la legge. La legge impone il distanziamento sociale da coloro che non frequentiamo già in casa, e a quello mi attengo, fine della storia.
Ora, le teorie secondo cui la clausura in casa è necessaria se non per andare al supermercato (una volta alla settimana) o per far pisciare il cane (non più di tre volte al giorno) è necessaria sono variegate, e tutte abbastanza inconsistenti.
Partiamo dalla prima: se tutti scendono per strada allora non ci sarà più l’isolamento. Vero. Ma mi dovete dimostrare che se una persona scende per strada allora tutti saranno presi dalla frenesia di farlo, anche coloro che non lo farebbero in tempi normali. Si sta dando per scontato che il cittadino medio sia incapace di affacciarsi dalla finestra e valutare se ci siano le condizioni per scendere o meno, o per prendere una via deserta anziché un’altra dove ci sono già persone. Si sta dando per scontato che nessuno sappia quali percorsi sono poco frequentati. Si sta dando per scontato che le persone agiscano come cani di Pavlov sempre e comunque, che non abbiano percepito il pericolo, che non abbiano già comunque limitato le uscite e diminuito così il numero di persone per strada. Di certo ci saranno gli irresponsabili, ma sicuri che non stiamo sovradimensionando il problema per procurarci un bersaglio? Magari grazie a qualche foto vintage che si vuol far passare per recente.
La seconda afferma che se esci e ti fai male poi vai negli ospedali che sono già saturi e tutte le varianti. Prenderò sul serio questa obiezione quando qualcuno mi mostrerà delle statistiche affidabili che mostrino senza ombra di dubbio un rischio significativamente maggiore associato all’attività fisica all’aperto rispetto a quello associato alle attività casalinghe. Per quanto mi riguarda, l’ultima volta che sono andata in ospedale è successo perché mi ha morso il cane. In casa. La volta prima è stato per problemi psicologici – ed ero comunque in casa. Insomma, dato che l’aneddotica non funziona (non funziona mai), dovrete convincermi con i dati. Senza contare che sedentarietà e reclusione comportano un rischio psicofisico in sé, un rischio – quello sì – osservabile. La salute non è solo stare alla larga dal Covid.
La terza chiama in causa la retorica strappalacrime secondo cui dovremmo farlo per rispetto di medici, infermieri e malati, nonché di quelle persone che non possono comunque uscire. Ma certo. Non fa una piega. Mettiamo le cose in chiaro: io ho il massimo rispetto per chi fa sacrifici utili alla comunità, invece guardo con molto sospetto chi fa sacrifici fini a se stessi solo per sentirsi pari a loro. Non lo siete. Non state aiutando attivamente nessuno. State interpretando una legge in modo più restrittivo di quello che è. Liberissimi, ma non rompete le scatole a me se faccio qualcosa di lecito e salutare per me senza mettere a rischio gli altri.
Il migliore è stato quello secondo cui se le restrizioni saranno prolungate oltre il 3 aprile allora è colpa dei camminatori, corridori e ciclisti solitari. Poco importa che sappiamo già tutti che il 3 aprile era una data necessaria al DCPM, perché questi provvedimenti devono avere una data di termine, ma sappiamo altrettanto bene che il 3 aprile altro non è che un limite inferiore. Evidentemente c’è bisogno di un capro espiatorio. Ne hanno bisogno tanti di coloro che sostengono la clausura totale e incondizionata: le motivazioni fornite sono fragili e indimostrabili, il vero motivo è il desiderio di poter dare addosso a qualcuno. E non immagino cosa succederà quando, con la clausura, la frustrazione peggiorerà ancora.
La ricerca dello scapegoat, il vedere quanti no pasarán della clausura totale non sono tanto motivati dal desiderio di risolvere un problema di sanità pubblica, quanto dal bisogno di qualcuno da odiare, da punire, di fare capannelli virtuali che alla lunga finiranno per essere perfino più tossici di quelli reali: scusate se mi preoccupano anche queste cose. Perché quando fra molto tempo l’epidemia ce la saremo lasciata alle spalle queste cose resteranno.
Chi crede seriamente che prendere una boccata d’aria per strada in sicurezza sia una grave violazione del senso civico sta sostenendo un pensiero non molto diverso dalla superstizione. Sta negando la possibilità, vivaddio data al cittadino, di valutare le circostanze per agire in modo responsabile gestendo i margini di libertà che gli sono dati (il che non vuol dire aggirare la legge, dato che è proprio la legge che fornisce questi margini).
A conclusione di questo rant allego due foto prese dalle mie finestre. La mia casa si situa su un palazzone che passa a mo’ di ponte su una strada, della quale riesco ad avere tutta la visuale. Questa la situazione alle 9:30 di stamattina; adesso c’è una folla di BEN QUATTRO persone sparpagliate lungo la via. Non è la quarantena: è sempre così, suppongo perché questa via ha un’estetica un po’ peculiare (trad. fa abbastanza cagare) e in tempi normali c’è un solo bar, che però in questi giorni è chiuso. Gli unici momenti di affollamento sono agli orari di ingresso e uscita della scuola media (chiusa) e in misura molto minore in occasione delle partite (che però ora si svolgono senza pubblico, sempre che si svolgano ancora).
Qui intorno ci sono delle vie (Via Cannizzaro, Via Zoia, Via Milly, Via Lamennais, Via Quarto Cagnino) che in giorni normali sembrava provassero già la quarantena. Insomma il paradiso per me, e uno dei motivi per cui ho scelto questa zona.
Ora, io fino a questo momento ho seguito alla lettera la versione restrittiva dell’ordinanza: sono uscita solo per fare la spesa e per prendere dei pacchi in posta. Oggi uscirò per fare attività fisica, camminata veloce. Non mi avvicinerei agli altri nemmeno se fosse permesso, ma se proprio volete segnalarmi alle forze dell’ordine, fatelo, se ciò vi fa sentire salvatori del mondo. Io francamente vi consiglierei di trovarvi un altro hobby, o di fare due passi.
Grazie! Parole precise, serie, che toccano il punto.
Due giorni fa, una persona che continuo a reputare intelligente mi ha bloccato su FB perché vado a fare attività motoria all’aperto.
E con questo, vado a farmi una passeggiata.
Grazie.
Voleva qualche statistica? Eccole https://www.newstreet.it/news/restiamo-a-casa-controlli-persone-denunciate/ La smetta di perdersi in sofismi e ascolti i virologi quando le consigliano di stare a casa, prima che si passi dal consiglio all’obbligo.
Anch’io andavo a camminare quasi tutti i giorni ed in palestra 3 volte a settimana, ora me ne sto a casa e faccio ginnastica tutti i giorni sul tappeto del soggiorno.
Si allenano in modo diverso da prima anche gli atleti agonisti, perciò non vedo tutta questa necessità di uscire.
In fin dei conti si tratta di un periodo, per lungo o breve che sia, siamo tutti sulla stessa barca e trovo giusto remare tutti assieme.
Un saluto.
Non fa una piega. Ti aggiungo, esperienza personale, che nei primi giorni di “blocco” sono uscito con la mia compagna convivente evitando vicinanza e contatto dei quattro gatti che erano in giro col cane come noi. A inizio pomeriggio, mezz’ora, non di più.
Dopo aver letto centinaia di anatemi su social, gruppi, articoli di giornale ecc ecc mi ha preso la malavoglia di essere additato o preso a sassate dalle finestre (uno di quei pazzi minacciava sui social di usare la fionda) e non sono più uscito. Solo 10 minuti per far la spesa, in macchina.
Questo è il risultato del 49% di analfabetismo funzionale che colpisce questo disgraziato paese. Non siamo messi bene…
Sono totalmente assolutamente grandiosamente d’accordo coll’articolo. Faccio esattamente lo stesso, esco con le dovute precauzioni, ma esco. Stare in casa mi fa male. Non é la nube di diossina di Seveso, né il disastro di Chernobil. L’idiozia della pignoleria: odio i minchioni! fa dire a Maigret il buon Simenon in uno dei suoi gialli. Anche questo puó diventare un giallo: il giallo del camminatore. o rammentare la colpa de “Il pedone” di Bredbury. O, peggio, semplici prove di dittatura.
Grazie per questo articolo, di cui condivido ogni singola parola. Oggi sono andata a correre (è l’unico sfogo che mi concedo, lo faccio a giorni alterni, da sola per strade deserte) e mi hanno insultata, prima un passante e poi dalle finestre. Ho proseguito un po’ ma poi mi sono fermata, mi hanno fatta sentire come se fossi ‘sporca’… è stato brutto e assurdo, non saranno pochi runner in più o in meno che diffonderanno o fermeranno il virus.
Concordo pienamente in tutto. Io vado a correre tre volte a settimana per una mezz’ora in posti isolati (ho la fortuna di vivere dove l’attività fisica non viene ancora contestata e dove ci sono zone isolate), e cerco di ridurre al minimo le uscite per la spesa (della frequentazione delle attività che vendono generi alimentari non si parla).
Tutto questo rumore che concentra l’attenzione su chi, secondo l’opinione pubblica comune, é colpevole di comportamenti che non si allineano alla quotidianità bigotta dell’italiano medio, deriva dalla mentalità di una società che, ahimè, ha smesso di confidare nel senso civico e di responsabilità del prossimo che forse non appartengono più neanche a lei.
La responsabilità e il senso civico di ogni persona sta nel come fa le cose, non in quello che non fa. Come va a correre, come va a fare la spesa, come si prende cura della propria salute, come sta attenta agli altri.
grazie
Buongiorno,
Non sono del tutto d’accordo.
È probabile che a qualcuno serva il capro espiatorio, ma vale sicuramente anche (forse di più) la regola di stabilire norme più restrittive nella speranza che in pratica vengano rispettate “almeno” in misura normale. Tutti tendiamo a farci degli sconti interpretando in modo elastico le norme, un po’ per fisiologica indisciplina, un po’ perché “dai, fanno tanto casino ma in fondo è solo poco più di un’influenza” (tanti la pensano ancora così nonostante i camion che portano via i morti di notte). Anche a me manca un po’ di movimento in più nonostante sia tutt’altro che un impallinato di jogging, però qualche giorno fa ne ho sentita una che secondo me è sacrosanta: i nostri nonni venivano mandati in guerra a farsi ammazzare, a noi chiedono solo di stare seduti sul divano. Sarà dura, ma ce la possiamo fare.
ciao Silvia,
sono totalmente d’accordo con te, questo discorso sui runner è privo di ogni fondamento logico e serve solo ad inquadrare un bersaglio verso cui sfogarsi. Il problema non è la corsa (se fatta responsabilmente) ma evitare gli assembramenti, chiaro? A tanti sembra di no.
Hai spiegato per filo e per segno anche i miei sentimenti e ti voglio ringraziare.
Come dici tu “La legge impone il distanziamento sociale da coloro che non frequentiamo già in casa, e a quello mi attengo, fine della storia.”
ciao,
Claudio
Ti ho adorata leggendo
Grazie, hai espresso pienamente la mia opinione. Abito a Torino e la situazione qui è esattamente quelle da te descritta. Nemmeno io avevo MAI fatto jogging, ora lo faccio perché prima potevo andare 3 volte alla settimana in montagna a camminare, ora posso solo correre al parco (a due isolati da casa mia, enorme, con pochissime persone e tutte distanti tra loro).
E tu saresti una comunicatrice scientifica?
Tu davvero stai parlando di sovradimensionamento con tutti i morti che abbiamo? Davvero? Glielo dici tu alle famiglie dei morti che non hanno neanche potuto salutare, che la rabbia contro chi esce per motivi non validi è sovradimensionamento?
E no, la tua passeggiata non è un motivo valido! Ne hai bisogno te, ne ho bisogno io, ne hanno bisogno 60 milioni di persone. E non importa sei tu sei consapevole di essere in salute e che non ti puoi avvicinare alle persone, non è un ragionamento! Perché ci sono persone che questa consapevolezza non ce l’hanno, perché ci sono persone che la certezza di essere in salute non ce l’hanno e leggendo articoli come questi sì sono spinti a uscire! E sì, sì, se prolungheranno ancora questa situazione me la prenderò con gente come te! E se mio padre, capo della protezione civile della mia cittadina, che non può stare a casa, si ammalerà o peggio, me la prenderò con gente come te! E non è questione di cercare un capo espiatorio, è questione che le regole dovrebbero valere per tutti! Stai andando al lavoro? Vai! Stai andando a fare una passeggiata per il tuo spirito? Non vai!
Guarda, concludo, dicendo che questo articolo manca di rispetto a tutti quelli che ci stanno lasciando la pelle. Buona passeggiata
Standing ovation 🙂
Salve Silvia Kuna Ballero e ritengo che le sue osservazioni siano assolutamente condivisibili, se partiamo dal presupposto che “il cittadino medio è capace di valutare il rischio”.
Ma purtroppo non lo è, come dimostrato dai recenti accadimenti.
1. E non parlo di chi agisce sempre con estrema cautela, come probabilmente te, me ed altri sapremmo fare, ma di quella massa che si è accalcata nei luoghi i villeggiatura ed ancora si accalca alle poste per ritirare la pensione, nei supermercati per fare acquisti non realmente indispensabili, nei parchi a fare jogging in gruppetti.
Quindi non si tratta di demonizzare chi va da solo a fare una salutare passeggiata, né di ergersi a tutori della pubblica incolumità additando o segnalando i camminatori come untori (e quindi come ben dice lei Katia appagare il bisogno che qualcuno ha di odiare o di trovare il “colpevole”), ma di CONTENERE IL RISCHIO e poiché non siamo in grado di controllare tutti, di mettere un tutor a chiunque esce di casa, di informare ognuno e di convincerlo a stare in casa con argomentazioni (alcune delle quali noi stessi abbiamo difficoltà a condividerle), di comunicare agli anziani (che tuttora vediamo a giro senza giustificazione) o a chi non sta sui social.
2. Ci sono aree assai più pericolose dell’attività fisica all’aperto? Si alcune le ho già citate: andare al supermercato o negli uffici, frequentare i mezzi pubblici etc.
Poiché non possiamo eliminare totalmente il rischio possiamo solo puntare alla RIDUZIONE DEL RISCHIO, cercando di limitare il più possibile le occasioni di contagio.
Tu, io ed altri in questo post sapremmo probabilmente come comportarci, ma molti non lo fanno e non lo farebbero per cui siamo proprio noi che dobbiamo offrire il nostro contributo e lo possiamo fare proprio non uscendo, limitando allo stretto indispensabile gli spostamenti così da non dare alibi ad altri.
E’ anche vero che sono molto più frequenti gli infortuni casalinghi che non quelli nell’esecuzione di attività fisiche, ma ritorno alla base di questo mio pensiero: RIDUCIAMO IL RISCHIO, e lo possiamo fare non sommando l’uno all’altro (stante che tutti a casa abbiamo comunque una percentuale di rischio latente) oltre che SEMPRE in ogni attività usare la massima cautela, PIU’ di quanta ne avevamo prima: anche per affettare l’arrosto o per tagliare l’erba. Ogni nostra azione deve essere molto ponderata per evitare di produrre ulteriore carico sui sanitari.
3. E quindi non è vero che non stiamo facendo niente, ma anzi proprio il nostro NON FAR NIENTE è il miglior contributo che possiamo dare, non avendo competenze per assistere malati o coordinare i soccorsi. Altrimenti se le abbiamo, invece di andare a correre, facciamo quello!
Per questo se il contagio si diffonde, se le restrizioni saranno ancora prolungate e forse incrementate per mesi, non sarà solo responsabilità di camminatori, corridori e ciclisti solitari, ma sarà anche responsabilità loro, così come di cloro h girovagano per paesi e città senza una motivazione precisa.
Ogni volta che usciamo dovremmo chiederci:
– E’ Indispensabile? Allora esco e magari concentro in questa uscita anche le eventuali necessità successive
– E’ necessario ma non indispensabile? Allora rimando questa attività per realizzarla anche unitamente ad un’uscita indispensabile
– E’ superfluo? Allora non lo faccio.
Provo a dare qualche esempio:
– Camminare, fare il giretto in bici NON è indispensabile, ma può essere necessario per molti di noi, per lo spirito, per alcune patologie.
Non deve necessariamente essere fatto quotidianamente, ma si può alternare un po’ di attività in casa (ginnastica, stretching e per chi ce l’ha cyclette o altri attrezzi) con qualche uscita in occasione di attività indispensabili (acquisto di generi alimentari o farmacia o altro).
– Portare il cane a far i propri bisogni solo quando è indispensabile e limitando al minimo l’uscita
– Andare a far la spesa: concentrando gli acquisti in un’unica uscita
E sono convinto che molte altre situazioni, se ci pensiamo bene, possiamo evitarle e concentrarle. Personalmente rispetto a qualche giorno fa ho fortemente ridotto le attività all’esterno man mano che acquisivo consapevolezza. Ed ho 3 figli, 4 nipoti, mamma e suoceri che mi mancano tantissimo. Ci vediamo e parliamo su skype o tramite chat.
Grazie dello scambio di opinioni, la saluto con l’augurio di poterci presto vedere e tornare alla vita ‘normale’.
Un abbraccio virtuale
Non avrei saputo dirlo meglio!!!! Bravissima.
Sì, sono una comunicatrice scientifica e soprattutto ho una visione del rischio che va al di là del singolo fattore.
Cerchi qualcuno con cui prendertela perché hanno allargato il tempo? Prego, sono disponibile, il mio numero di telefono è tra i contatti, sfogati pure.
Però non decontestualizzare quello di cui parlo quando dico “sovradimensionamento”, perché è intellettualente molto disonesto.
Parlo di sovradimensionamento del rischio della singola azione, non del rischio legato all’epidemia, che dipende principalmente da altri fattori, alcuni dei quali purtroppo difficilmente eliminabili.
E non responsabilizzare chi va in giro da solo del prolungamento delle restrizioni senza avere una prova o quantomeno un nesso causale che non esiste, dato che il fattore chiave è il distanziamento, non il mettere piede fuori casa.
Uscendo per fare la mia passeggiata, oltre a ottemperare al mio inalienabile diritto di preservare il più possibile la mia salute mentale, ho seguito le regole ministeriali che permettevano l’attività fisica all’aperto. Quindi non ho infranto nessuna regola e non ho messo in pericolo assolutamente nessuno. E se ce la faccio io ce la possono fare più o meno tutti.
Ricordati infine che nella provincia di Torino c’è stata un’impennata di TSO in questo periodo e fatti due domande sul significato di salute. Se gente che potrebbe uscire da sola viene tenuta in casa a forza e poi esce di testa e deve essere ricoverata, anche questo a incidere sulle risorse disponibili.
Infine non è il mio articoletto che spinge a uscire: il grosso delle reazioni si verifica quando le restrizioni imposte sono illogiche. Ma non mi stupisce che ci siano questi commenti in un contesto in cui nessuno riesce a pensare a lungo periodo.
Chiedo scusa, ma l’ho scritto in modo abbastanza chiaro: gli incidenti legati alla corsa sono superiori agli incidenti domestici che richiedono intervento medico? Si parla di 600mila persone all’anno che cadono, si ustionano, si tagliano in casa e finiscono all’ospedale. Quanti runner o ciclisti finiscono all’ospedale ogni anno? Se mi dimostrate che il numero è maggiore sono pronta a ritrattare, fino ad allora no.
Senza contare poi tutti i rischi legati a mesi di sedentarietà, combinati con altre patologie dismetaboliche che andranno a caricare il SSN nel periodo immediatamente successivo.
Nessuno ha fatto questi conti, perché a tanti basta un divieto e un hashtag e siamo a posto così.
Io non mi sono fatta nessuno sconto.
I runner che conosco hanno seguito le regole così come sono scritte dal ministero e così come detta la logica del rischio di contagio: mantenere le distanze.
I confronti coi nostri nonni (che combattevano senza fare domande una guerra stupida, crudele e decisa dall’altro), o con i bambini dell’Africa o con chi vive per strada, mi convincono meno di ogni altra cosa, perché il benaltrismo che si usa in questi frangenti viene troppo spesso usato per tappare la bocca a chi rivendica il proprio diritto, ancorché legittimo, a condizioni migliori. Ed è un’arma pericolosa, perché c’è sempre chi sta peggio.
Beh, io purtroppo la necessità di uscire ce l’ho, per la mia salute; non tutti vediamo le cose allo stesso modo.
E posso stare chiusa in casa se è proprio indispensabile, ma se mi rendo conto che ci sarebbe un modo di uscire senza mettere in pericolo gli altri, non ci si può aspettare che io non provi a sfruttarlo.
Le rispondo con l’opinione di Garattini, non proprio l’ultimo arrivato:
https://www.ilfattonisseno.it/2020/03/garattini-un-errore-vietare-lattivita-motoria-rinforza-le-difese-immunitarie/
In queste cose peraltro è profondamente sbagliato considerare la salute dal solo punto di vista di uno specialista.
bell’articolo.
e avrei tantissima voglia di essere d’accordo.
poi leggo queste parole
“la possibilità, vivaddio data al cittadino, di valutare le circostanze per agire in modo responsabile gestendo i margini di libertà che gli sono dati”
e torno a sbattere la testa contro al muro ripetendomi che avere aspettative sul prossimo è il primo paso per essere delusi…
Carissima, lancio un’ipotesi: molta gente è convinta che il virus sia una sorta di gas velenoso che persiste nell’aria, ma solo fuori dai confini della propria dimora. Altrimenti non mi spiego gli anatemi contro passeggiate e jogging (spoiler: hanno vinto loro) e tantomeno mi spiego le numerosissime persone che guidano la propria auto indossando mascherina e guanti. Viste coi miei occhi a dozzine nella scorsa settimana quando mi era ancora consentito lavorare per mandare avanti questo catorcio di paese.
Hanno vinto loro, dicevo: stanno vincendo su tutta la linea del buonsenso. Vincono i divulgatori taglienti alla Burioni -non me ne voglia, ma molti infettivologi e medici che si ispirano a lui mentono spudoratamente ai cittadini ora esagerando, ora minimizzando, nella speranza di suscitare reazioni- e vincono gli autoritari vecchio stampo alla Fontana, vincono gli utili idioti e i forcaioli, vincono i sindacati scellerati e irresponsabili che, esattamente come il diavolo, fanno le pentole senza coperchi.
Frattanto, a me viene proibito dietro minacce di pene sempre più severe di andarmi a ricaricare nei miei amati boschi, le sigarette, invece, si trovano in abbondanza.
Mi dispiace non avere fatto una metanalisi circa le opinioni di tutti i NON virologi e NON epidemiologi ma ritengo che siano un filino meno importanti durante la crisi attuale. Detto questo ho letto l’opinione di Garattini e vedo che però è legata ad una proposta che prevede di creare recinti dove fare jogging (non passeggiare) e controllare strettamente tramite GPS gli spostamenti (non proprio quello che descrive lei) e punire severamente trasgressori; in questo caso è sufficiente avere vissuto nell’Italia reale per capire che se fossimo davvero in grado di fare controlli e comminare punizioni non saremmo sommersi da corruzione, mafia ed evasori grandi e piccoli ma capisco che la realtà sia difficile da modellizzare e sia meglio utilizzare scorciatoie semplicistiche. Se si volesse solo combattere la sedentarietà sarebbe sufficiente una 30ina di esercizi tranquillamente eseguibili in una camera e affacciarsi al balcone in direzione del sole per una 20ina di minuti, credo però che il vero motivo sia solo quello di sentirsi più furb(etti) del prossimo come al solito. Dico furb(etti) perchè se anche lei abitasse davvero in un quartiere di chernobyl come pare dalle foto, immagini cosa succederebbe se tutti si sentissero furb(etti) come lei e decidessero di fare altrettante passeggiate salutari; d’altronde ora non c’è molto altro da fare e poi si sa che l’essere umano desidera quello che non può avere e quindi forse non si starebbe poi cosí larghi e le occasioni di contagio aumenterebbero di conseguenza.Se si fosse stati in grado di aderire alle prime indicazioni e rimanere a casa a quest’ora probabilmente avremmo iniziato a poter ristabilire qualche parvenza di normalità e vedremmo una curva dei contagiati molto più piatta ma no, l’individualismo pezzente degli italiani anche questa volta ha messo nei guai tutti e siamo ancora qui a raccontarci quanto è sacrosanto il diritto di ognuno a trovare scorciatoie e aggirare le regole. Si trattava di rispettare una quarantena per 15 giorni, non 15 anni ma evidentemente per molti questo è un sacrificio incommensurabile. Questa è l’ennesima dimostrazione che come popolo non valiamo una cicca e che il popolo è realmente la somma di tutte le sue parti nessuna esclusa. Buona vita.
Tutto il mio piu profondo apprezzamento. Non riesco a capire come una persona assennata non possa non condividere quello che hai scritto. Ho provato in tutti i modi a immedesimarmi negli haters dei runners ma proprio non ci riesco. Sarà un mio limite.
Io ho iniziato ad andare al lavoro a piedi, 6 + 6 km, rispettando così tutti i regolamenti. Finora non mi hanno mai fermato.
Conosco persone che da quotidianamente si recano al lavoro in bici, e anche in bici da corsa già da tempi non sospetti percorrendo fino a 50-60km al giorno che ora vengono guardati male o insultati.