Comunicazione della scienza e attivismo sono incompatibili?

Parliamoci un po’ addosso: comunicazione scientifica e attivismo scientifico. 

Dalla discussione conclusiva della terza edizione di Folle di Scienza, è emerso che a nessun comunicatore scientifico piace l’idea di definirsi guerriero.

Il guerriero si può identificare a grandi linee con l’attivista (advocate), colui che “scende in campo” per difendere una causa. È opinione comune che per un comunicatore, l’attivismo è un atteggiamento che mina la propria credibilità e polarizza le opinioni.

È una cosa su cui discutere, ma la mia opinione è che forse, specialmente in territorio nostrano, siamo condizionati da cattivi esempi di guerrieri in politica e scienza e quindi, consciamente o meno, allontaniamo l’idea.

Questo secondo me fa un po’ il paio con l’idea secondo cui un giornalista debba essere totalmente imparziale  o limitarsi a raccontare “i fatti”: come se la stessa scelta di raccontare certi fatti anziché altri non implicasse già una scelta “politica”, un’assunzione di posizione partigiana. Soprattutto, un giornalismo che non narra (e quindi non assume un punto di vista, per quanto onesto) è un giornalismo che comunica poco.

E si può anche ravvisare una certa affinità con l’idea che uno scienziato o un comunicatore scientifico non debbano occuparsi di politica, idea secondo la quale probabilmente queste due categorie professionali non siano composte da cittadini, ciascuno coi propri valori fondanti.

Nella comunicazione scientifica a mio avviso lì il discorso è più radicale ancora: la scelta stessa di occuparsi di comunicazione della scienza (un mestiere, o meglio un minestrone di mestieri, complesso, poco remunerato e poco riconosciuto) è essa stessa una forma di attivismo, una forma di coinvolgimento sociale e politico.

Si può essere onesti attivisti – honest advocates? L’attivismo implica la polarizzazione, l’essere divisivi? Non ho la risposta ma ho l’impressione che questa incompatibilità tra i due aspetti sia in gran parte frutto di percezioni errate. La cosa importante è non essere stealthy advocates – attivisti furtivi: dichiararsi imparziali quando si sta assumendo una posizione chiara (e magari ci si scalda pure).

Direi qualcosa anche sui toni civili e sulla pazienza, ma quello è un discorso che trascende la comunicazione scientifica e dovrebbe esserci garantito dall’educazione (sì, lo so: dovrebbe).

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